Con il termine additive manufacturing ci si riferisce a un processo di realizzazione di oggetti solidi in 3D grazie a un processo di estrusione.
Partendo da alcuni modelli progettati al computer, le tecnologie di produzione additiva riescono dunque a realizzare parti tridimensionali.
Questo processo prevede l’aggiunta di strati di materiale che sovrapposti completano il prodotto finale, raggiungendo la forma desiderata.
Le tecniche di produzione più convenzionali, dette anche sottrattive, tendenzialmente sono solite rimuovere materiale da un blocco iniziale, piuttosto che aggiungerlo.
La trasformazione delle materie prime in prodotti finiti prende il nome di “lavorazione dei materiali”.
Nel mondo industriale la produzione avviene attraverso la costruzione di singole parti, successivamente assemblate.
Per la realizzazione delle parti singole, la lavorazione dei materiali procede attraverso 3 modalità:
Formatura: consiste nell’attribuire a un blocco la forma desiderata, con una lavorazione a caldo oppure a freddo. In base alla tipologia del materiale si utilizzano metodi di lavorazione come fusione, foggiatura, imbutitura, laminazione, estrusione e stampaggio per iniezione e per compressione.
Sottrazione: questa tecnica di modellazione consiste invece nel lavorare un pezzo rimuovendo parti del materiale attraverso un utensile da lavoro. Si procede dunque attraverso la segagione, tornitura, fresatura, foratura, tranciatura e limatura.
Addizione: per addizionare, invece, si intende assemblare o collegare pezzi singoli per ottenere un assemblato. Saldatura, incollaggio, cucitura, avvitatura sono alcuni dei metodi di lavorazione per addizione.
Dopo la lavorazione delle materie prime, i prodotti vengono classificati in semilavorati, componenti o prodotti finali.
La stampa 3D, di fatto, è un sottoinsieme della produzione additiva, anche se a volte il termine viene usato in maniera impropria.
Questi due termini assumono caratteristiche differenti, ma sono entrambi legati a metodi di produzione in evoluzione.
La “additive manufacturing” ha una connotazione industriale, in genere prevede la conversione di file di progettazione su computer in oggetti fisici 3D.
I materiali utilizzati nel processo di produzione variano in base alle proprietà dei materiali, in genere sono plastici, metallici e compositi.
Le materie plastiche che in genere vengono impiegate nella produzione additiva sono nylon, PLA, TPU, ABS e ULTEM. Sono materiali plastici abbastanza economici e flessibili, che meglio si adattano alle fasi di prototipazione e testing.
I metalli per questo tipo di produzione si presentano come polveri disciolte ma anche accompagnate da materiale legante.
Un esempio può essere l’acciaio inossidabile 17-4PH, acciai per utensili A2, D2 e H13, rame e Inconel.
Destinati ad applicazioni versatili, possono essere utilizzati per lavorazioni a freddo e a caldo.
Un'altra tipologia è costituita da materiali fibrosi compositi, che combinano materie plastiche con fibre di rinforzo. In questo caso offrono un supporto maggiore e rispondo con più efficacia alle richieste di resistenza al calore, rigidità e durabilità.
I materiali che la produzione additiva sfrutta sono fibre di carbonio, fibra aramidica Kevlar, fibra di vetro e vetro HSHT.
La produzione additiva rispetto ai metodi di fabbricazione convenzionali offre numerosi vantaggi, flessibilità nelle applicazioni e maggiore efficienza in merito a costi.
Oltre a ciò, le customizzazioni permettono una riduzione visibile degli sprechi industriali e, di conseguenza, un impatto ambientale più positivo.