Nell’articolo di qualche settimana fa abbiamo accennato al crescente utilizzo di materiali bioplastici o biodegradabili, una soluzione (forse) definitiva ai materiali plastici irreversibili.
Dopo aver analizzato le tipologie e le proprietà di polimeri plastici, spesso utilizzati nei settori industriali, approfondiamo l’argomento considerando alcune caratteristiche dei materiali sostenibili.
La plastica è destinata a varie applicazioni e il suo largo uso la rende quasi indispensabile.
Tuttavia, questo materiale comporta un impegno non indifferente nei processi di riutilizzo e salvaguardia dei sistemi ambientali.
Le bioplastiche sono materiali alternativi alla plastica sintetica che derivano da fonti rinnovabili di biomassa vegetali.
Alcune bioplastiche sono biodegradabili e compostabili, ma necessitano di un corretto smaltimento e processo di compostaggio.
Questi nuovi materiali polimerici sono ancora in fase di sperimentazione ma la loro produzione e utilizzo sono a emissioni zero, per cui viene incoraggiata la lavorazione.
Rispetto a materiali di origine fossile, presentano ancora dei limiti funzionali, ma sono per adesso la soluzione più ecologica sul mercato.
Sono in parte versatili e presentano delle criticità in alcune destinazioni d’uso industriali.
Una larga parte però non sono totalmente biodegradabili e potrebbero in alcuni casi contribuire al rilascio delle microplastiche.
Il termine “bioplastica” non deve però ingannare la percezione di questi materiali, poiché non sono infatti tutti di origine organica.
È un materiale di origine biologica e viene intenzionalmente realizzato, in parte o totalmente, da sostanze derivate da organismi viventi (biomassa).
Se seguissimo una definizione molto rigida, potremmo identificare come materiali bio-based anche la carta, il legno o pelle.
In genere, però, il termine si riferisce a materiali moderni che hanno subito una lavorazione più estesa.
I materiali sostenibili provenienti da fonti di biomassa includono prodotti chimici di massa, prodotti chimici di piattaforma, solventi, polimeri e biocompositi.
I materiali bio-based sono percepiti come alternative potenzialmente più ecologiche rispetto a quelle basate sul petrolio; tuttavia, questa affermazione va analizzata attentamente.
Attualmente, nuovi materiali di origine biologica sono in fase di “esplorazione” e continui tentativi di sostituzione con quelli tradizionali sono in corso.
Per spiegare le caratteristiche di questa tipologia di materiali bisogna prima analizzare il significato del termine biodegradabilità.
Possiamo definirla come l’azione di decomposizione per mano di organismi biologici, come batteri, alghe, funghi o insetti.
Un materiale si definisce biodegradabile, dunque, se possiede la facoltà di subire un processo di disgregazione per mezzo di agenti biologici.
A seconda del tipo di ambientazione, se in presenza di ossigeno o meno, avvengono i processi di biodegradazione aerobica o anaerobica.
Le plastiche biodegradabili sono realizzate con materie prime completamente rinnovabili e facilmente “smaltite” dai microrganismi, con un impatto più benefico per l’ambiente.
Il mercato delle bioplastiche è attualmente in evoluzione e si prevede una rapida crescita, complice la crescente consapevolezza dei consumatori per soluzioni sostenibili.
Ma prima di ritenere questi nuovi polimeri bio la svolta definitiva all’uso della plastica bisognerebbe ridurre i costi di produzione.
Il percorso è ancora in fase di sperimentazione, a causa della difficoltà nell’ottenere la stessa uniformità chimica della plastica con caratteristiche altrettanto costanti.
Il dibattito rimane aperto, spaccato da opinioni contrastanti sull’effettivo utilizzo di alcuni materiali; certamente l’impegno e il coinvolgimento delle istituzioni non tarderà ad arrivare.