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L’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, sta rapidamente diventando una parte integrante della nostra vita quotidiana.
L’AI generativa è una delle aree più affascinanti che si dedica alla creazione di contenuti nuovi a partire da dati appresi durante l’addestramento.
In questo contesto, troviamo i modelli generativi, progettati per creare dati simili a quelli su cui sono stati formati. Questi modelli sono in grado di generare testi, immagini e vari altri contenuti, utilizzando le informazioni apprese durante il processo di training.
Ma come funzionano questi sistemi?
La risposta è semplice: utilizzano il machine learning, in particolare il Large Language Model (LLM) che permette loro di comprendere e generare testi facilmente comprensibili dagli utenti.
Gli LLM si basano sul deep learning, una tecnica che consente loro di comprendere come funzionano caratteri, parole e frasi in un contesto complesso.
Grazie all'ottimizzazione continua, gli LLM vengono addestrati per affinare la loro capacità di rispondere a domande, tradurre testi e generare risposte pertinenti, basandosi su prompt sempre più precisi.
Gli input sono essenziali per i LLM perché sono il punto di partenza per la generazione di risposte, e determinano la qualità, la coerenza e la pertinenza dell'output.
L'input fornisce al modello il contesto o la richiesta specifica. Senza un input chiaro e rilevante, il modello non può generare una risposta utile o coerente.
Potremmo definire l’input come una "guida" per la direzione in cui il modello deve andare.
Anche se i LLM non apprendono in tempo reale dalle interazioni, durante la fase di addestramento il modello apprende dai dati di input forniti durante il training.
Questi input consistono in milioni di esempi di testo (domande, risposte, conversazioni, articoli, ecc.), e attraverso questi dati, il modello sviluppa la capacità di generare risposte appropriate in una vasta gamma di situazioni.
Ogni input fornisce il contesto che il modello usa per attivare il suo "sistema di risposta", basato su pattern e relazioni semantiche apprese durante il suo addestramento.
Pertanto, un input ben formulato e chiaro è cruciale per ottenere risposte accurate e utili.
E in questo nuovo contesto, il ruolo del Prompt Engineer assume una valenza chiave per la gestione degli strumenti basati sull’AI.
Questo perché ha il compito di tradurre le richieste degli user umani in un linguaggio comprensibile per l’AI, in poche parole di ottimizzare il prompt.
La creazione del prompt ottimale richiede una solida conoscenza degli strumenti di AI e competenze informatiche-linguistiche.
Ottenere delle risposte esaustive e soprattutto coerenti con il comando inserito è la sfida più difficile.
Esistono tuttavia delle tecniche che vengono utilizzate per migliorare i risultati generati dai modelli di AI.
Definire la risposta desiderata nel prompt evita che si generi un output non in linea con le nostre aspettative. Più informazioni dettagliate vengono aggiunte maggiore è la probabilità di ricevere una risposta coerente.
La parola chiave è esplicitare: rendere noti i contorni, i requisiti e le modalità con cui il risultato dovrebbe essere generato.
È importante non confondere l’AI con informazioni superflue, che possano produrre risposte vaghe o mancare di contesto. Il prompt deve risultare breve e dal linguaggio semplice, accurato e funzionale.
Sperimentare le modalità di istruzione dell'AI consente di ottimizzare l'efficacia delle risposte, adattandole meglio alle necessità dell'utente. Inoltre, permette di identificare e correggere potenziali bias, migliorando l'affidabilità e la precisione dell'intelligenza artificiale.
Adottare un approccio consapevole al prompt engineering è essenziale per ottenere risposte più precise e personalizzate dall'intelligenza artificiale.
Tuttavia, la supervisione umana resta cruciale per garantire l'etica e la qualità delle risposte prodotte.
Solo un equilibrio tra tecnologia avanzata e intervento umano può assicurare un uso responsabile ed efficace dell'AI nelle interazioni quotidiane.
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