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Termovalorizzatori: proprietà e funzionamento

Scritto da Marketing | Oct 14, 2024 9:36:22 AM

L’articolo indaga i punti di forza degli impianti di termovalorizzazione e le differenze con gli inceneritori, sottolineandone i vantaggi in termini di sostenibilità e riduzione delle emissioni. 

 

Che cos’è un termovalorizzatore?

Il termovalorizzatore è un impianto che trasforma in energia elettrica e termica i rifiuti non altrimenti riciclabili. 

Di fatto, si riescono a smaltire i rifiuti bruciandoli e a sfruttare il calore prodotto dalla combustione per generare energia elettrica o acqua calda.

Il termovalorizzatore interviene nelle operazioni di smaltimento e gestione dei rifiuti posizionandosi come iniziativa più sostenibile e appunto di valore.

Il recupero e il riutilizzo degli scarti assumono un’importanza fondamentale. 

La tecnologia di questi impianti potrebbe essere una delle soluzioni per minimizzare l’impatto aziendale e promuovere un’economia circolare.

Il processo di termovalorizzazione genera vapore ad alta pressione e riscalda l’acqua nella caldaia fino ad ebollizione.

Il vapore prodotto movimenta una turbina, permettendo all’energia termica di convertirsi in meccanica e, tramite un alternatore, in energia elettrica.

Il vapore in uscita, inoltre, può alimentare degli scambiatori di calore per il riscaldamento della rete di teleriscaldamento.

Da qui i rifiuti vengono trasportati dall’impianto alla vasca di raccolta e miscelazione, per poi essere caricati per il recupero energetico nelle caldaie.

La combustione genera calore e di conseguenza vapore ad alta pressione, che viene immesso in un turbogeneratore per produrre energia elettrica.

Gli impianti si completano con sistemi di trattamento delle emissioni che riducono il quantitativo di sostanze inquinanti e depurano i fumi di emissione.

 

 

Le differenze tra termovalorizzatore e inceneritore

L’inceneritore è un impianto industriale che smaltisce i rifiuti tramite un processo di combustione ad alta temperatura, in genere tra gli 850° e i 1050°.

Possono essere di quattro tipologie: a griglie, a letto fluido, a forno rotativo o a focolare multi-step.

Questi tipi di impianti, attraverso un processo di combustione ad alta temperatura, smaltiscono i rifiuti solidi urbani e speciali.  

Ma la problematica principale sono le emissioni gassose finali composte da diossine, furani, ceneri e polveri.

I termovalorizzatori, invece, sono degli impianti di “seconda generazione”, che sfruttano lo stesso processo di combustione ma per recuperare il calore sviluppato e utilizzarlo per produrre vapore.

Le differenze sostanziali tra i due impianti di combustione sono da ricercare nelle emissioni e nella produzione dell’energia.

Oltre alle caratteristiche già evidenziate, gli impianti di termovalorizzazione si differenziano per la possibilità di alimentare il teleriscaldamento.

È un sistema di unità di riscaldamento a distanza che distribuisce calore alle abitazioni, ottimo sistema per il risparmio energetico.

 

I termovalorizzatori in Italia e in Europa: numeri e tassi di inquinamento

Secondo le stime dell’Ispra in Italia ci sono circa una quarantina di impianti che bruciano rifiuti distribuiti non uniformemente.

Oltre il 60% di questi è situato nel nord Italia, in regioni come Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Trentino e Friuli-Venezia Giulia.

Nel centro Italia invece se ne registrano appena 8, suddivisi tra Toscana e Lazio, mentre al sud 7, lasciando Sicilia e Abruzzo a quota 0.

In Europa invece sono attivi più di 350 impianti di termovalorizzazione o incenerimento, distribuiti in 18 nazioni.

Una considerevole quota dei rifiuti è avviata all’incenerimento, specialmente negli Stati dell’Europa centro settentrionale come Germania, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi.

Dalla combustione dei rifiuti derivano dei fumi particolarmente densi e bianchi che fuoriescono dalle torri di raffreddamento.

In realtà sarebbe più corretto parlare di vapore acqueo e della normale reazione in seguito al raffreddamento dell’acqua dal funzionamento della turbina.

Per effetto poi delle temperature più basse, e dunque della condensazione, i fumi sono maggiormente visibili da lunghe distanze.

Prima di essere dunque rilasciati nell’ambiente, i fumi vengono propriamente trattati per la depolverizzazione nel filtro a maniche.

Le sostanze contenute nei fumi sono Cloro, Sodio, Zinco, Piombo, Magnesio, Rame, Alluminio e Cromo. 

Ma sono nocivi per l’uomo? 

Bisognerebbe effettuare campionamenti di tipo qualitativo, in quanto: "monitoraggi fino ad ora condotti analizzano il particolato soltanto in termini quantitativi, senza effettuare distinzione tra le sorgenti emissive.

Ecco, dunque, che si inserisce la necessità di eseguire misure qualitative capaci di individuare dei marker specifici e univoci per ciascuna fonte emissiva".